lunedì 18 novembre 2013

Storie di vagoni, sosia e scarsa sensibilità (politica).


Non è che ora come ora io mi muova tanto e di sicuro non a piedi. Però qualche treno lo prendo. E certo sarebbe meglio, bisognerebbe essere socievoli per viaggiare bene, e non solo per quello. Conosco, tanto per fare un esempio, una persona socievole che ha ricevuto in regalo un'edizione di lusso delle opere complete di Puskin, rilegata in pelle. In russo. Però, se sei una persona socievole, il russo, ci sta che lo studi e lo impari. E ci sta pure che coadiuvato dalla competenza linguistica tu abbia flirt con ragazze dell'est che commentano ammirate la tua proprietà di linguaggio. E la tua socievolezza.


Le persone poco socievoli - leggi "io" - al limite origliano conversazioni in treno, magari dopo essersene svincolati con una battuta che cade come una scure sul filo della comunicazione e offre l'attimo propizio per voltarsi e osservare il paesaggio tra quella che credi nebbia ed è invece lo sporco ormai irremovibile dei finestrini di un Regionale Veloce
(en passant: la dicitura "veloce" è la prova inconfutabile dell'organizzazione strutturale e differenziale del linguaggio. In altre parole "veloce" non ha nessun reale riferimento diretto a una caratteristica fattizia del mondo, nessun significato in sé. Ti verrebbe quindi da pensare che Trenitalia ti pigli per il culo. E invece! La cosa acquista perfettamente senso nel rapporto, per l'appunto, differenziale con un "Regionale" semplice. E, per quest'ultimo, l'aggettivo "lento" sarebbe pleonastico oltre che eufemistico).


“Pensava all'inutilità dei cadaveri, che bisogna vegliare, lavare, seppellire. Sarebbe bello che la morte li disfacesse, come distrugge i sensi, la ragione, la coscienza, la forza dell'individuo; quando uno muore non dovrebbe rimanere niente di lui, una nuvola, un respiro, e il posto vuoto dove è caduto.”*


Io pure ci pensavo, sebbene la mia concentrazione nella lettura fosse in buona parte compromessa da una molesta coppia di avvocati in corso di praticantato.


- Quelli già si sposano, dopo un anno di fidanzamento.
- Tu sai come la penso, due anni o sette, una persona non finisci mai di conoscerla.


Fortunatamente, al loro posto, dopo qualche fermata, si siede il ministro Saccomanni (o probabilmente uno che c'assomiglia).
All'inizio sembra pure peggio: dieci minuti di telefonata con "Stellina", voce stucchevolmente tenera da marito innamorato (o da conversazione con amante ventenne). Poi però Pseudo-Saccomanni si mette tranquillo a lavorare, verosimilmente al futuro della nostra economia. È romano, distinto, computerizzato, ci fa uscire dalla crisi e si fa pure i fatti suoi: un gradevole dirimpettaio ferroviario.


In una piccola stazione intermedia tra le grandi città di V... e B... sale una signora, sotto la cinquantina, capelli grigi e ricci che, nonostante la coda, conservano un simpatico disordine. E qui commetto l'Errore #1: un accenno di sorriso.


-Ohi...ohi... ho le reni rotte...
-(Sguardo comprensivo, ma cordialmente distaccato.)
-No... perché qui uno si è buttato sotto il treno.
-(Sguardo interrogativo e allarmato, condiviso da PseudoSaccomanni)
-Eh sì, uno di 72 anni, lo scorso maggio.


E qui Pseudo-Saccomanni commette l'Errore #2: 


-Gli anziani sono particolarmente esposti al rischio della depressione. 
-Eh sì. Perché mio padre è depresso sa? L'altro giorno un ragazzo del paese mi ha dato un passaggio, perché io non ho la macchina sa? Mi ha detto: "suo padre mi ha rubato la bicicletta!" Ha detto che l'ha visto, gli ha dato uno spintone e gli ha detto: "Cazzo fai vecchio di merda!?" Mio padre le fa 'ste cose, le ha sempre fatte anche prima di arrivare a 78 anni. Dice anche che gliel'ha rotta la bici, che ha dovuto portarla dal meccanico per la ruota...

E qui Battuta-Viadifuga.

-Bè almeno fisicamente è in forma suo padre... (Pseudo-Saccomanni considera l'osservazione arguta, e me lo fa notare, ma io sono entrato in modalità sguardo verso l'infinito).  

Signora Riccia continua imperterrita, mantenendo come perno la figura del padre, una storia triste di solitudine, mancanza di legami sociali, disgrazie della vecchiaia, sentimento di abbandono per la nuova relazione della madre, multe per non ben chiare infrazioni.


Pseudo-Saccomanni gestisce egregiamente la situazione. Mette in campo una doppia strategia: dare ragione all'interlocutore e martellare su un punto fermo (millantando conoscenze, indirette ma solide, in materia):

Lei HA RAGIONE SU la badante/la mancanza di un centro anziani/la lucidità - mica è demenza senile!/la necessità della svalutazione dell'euro/volerlo affidare a sua zia/il fatto che lasciare il cibo aperto è poco igienico/il problema di beccarsi un'infezione/l'iva al 22%, MA lei SA CHE DEVE PRENDERE DEI FARMACI suo padre.


Pseudo-Saccomanni è sicuro di sé, sicuro che la crisi passerà, che ci sarà una ripresa. Però qualche "Oh, signùr" gli scappa, a Pseudo-Saccomanni. E l'espressione scocciata, smentisce il tono fiducioso, cordiale. Come se quest'invocazione all'altissimo, sospirata in un poco credibile milanese, sublimasse un interiore, e più appropriato, “ma li mortacci...”.
Però forse è contento di ascoltare qualcuno che ha evidentemente bisogno di sfogarsi, lamentarsi, parlare dei suoi problemi. È da tempo che non si sente così utile. Forse ci pensa al modello economico che difende tutti i giorni. Bisogna vegliarlo, ripulirlo per illudersi e illudere che sia in salute. Ma prima o poi toccherà seppellirlo.


*R.Viganò, L'Agnese va a morire

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