A#1: BO - MsM

Attraversamento #1: da Bologna a Mercatello sul Metauro.

Diarioguida:

#1.1 Bologna - Zena (Tenda)
#1.2 Zena - La Martina (Tenda)
#1.3 La Martina - Moraduccio (Casa Abbandonata)
#1.4 Moraduccio - Palazzuolo sul Senio (Albergo)
#1.5 Palazzuolo sul Senio - Biv.Rif. Prati Piani (Bivacco)
#1.6 Prati Piani - Capanna del Partigiano (Bivacco)
#1.7 Cap. del Partigiano - S.Benedetto in Alpe (Camping)
#1.8 S. Benedetto - Gorgolaio (Bivacco)
#1.9 Gorgolaio - Corniolo (Albergo)
#1.10 Corniolo - Lama (Bivacco)
#1.11 Lama - Verghereto (Vicolo)
#1.12 Verghereto - Badia Tedalda (Panchina in pineta)
#1.13 Badia Tedalda - Mercatello sul Metauro (--> Osimo)

#1.1 Bologna - Zena

Non esiste mappa cartacea della zona a sud est di Bologna.
Esiste questo che di per sé è un progetto magnifico, ma la cui fruibilità lascia a desiderare. Si comincia infatti ad avere una mappa di una qualche utilità solo a partire da una scala 1:7000.
Con le stampe della porzione interessata dal mio attraversamento ci potevo tappezzare la stanza. Allora le ho fotografate; tutte le schermate: 28 foto. Da esplorare con lo zoom direttamente dalla macchina fotografica. Follia, ma utile.

Uscire dalla città senza sfasciarsi i piedi sull'asfalto per chilometri in direzione sud-est è praticamente impossibile.
La scelta della via era ricaduta inizialmente sul sentiero 801 che parte da Idice (tra S.Lazzaro e Ozzano) e segue per una parte il corso del fiume omonimo e arriva fino al passo della Raticosa.
Ma arrivare al punto di partenza comportava qualche fastidioso chilometro di asfalto e abbiamo provato a evitarlo prendendo il 902 che da San Michele in Bosco, sale a Forte Bandiera; da lì discesa a Rastignano e, arrabattandosi un po', puntare a Monte Calvo (interminabile via G.Lelli). Infine prendere l'817 (?) verso Botteghino di Zocca e il sentiero 815 (?) per Molino di Zena.

Insomma il piano sembrava abbastanza semplice.
In realtà siamo arrivati con una certa facilità a Rastignano, ma ci siamo persi più volte mancando un bivio poco oltre il Monte Calvo e improvissando scorciatoie. Infine, superato sul far della sera Molino di Zena, ci siamo infilati nel sentiero (abbandonato a se stesso) che scende a guadare il fiume perdendoci in mezzo ai rovi e alla fitta vegetazione.
Rimandata l'impresa alla luce dell'indomani, abbiamo montato la tenda in un prato (probabilmente privato)... 


 In giallo il sentiero 801, in verde, con alto grado di approssimazione il nostro percorso.


Distanza stimata: 29 km 
Dialogo del Giorno, con automobilista andato a controllare il suo pezzo di prato incolto:

-non entrerete mica nel mio prato!?
-no, si figuri... 
-no perché vanno dentro e fanno disordine.
-ah ma no ci riposiamo solo qui un attimo... 
ci sa dire quanti chilometri mancano a Zena?
-mah...500!? 
-Come? 
-500.
-Ah... ok, grazie...*

*La distanza reale approssimativa era circa 4-5 km



Dal colle del Castello di Zena si scende seguendo il sentiero 809 fino a guadare l'omonimo fiume e risalire a Tazzola. Dal paese si può seguire il sentiero che scende a valle e risale fino al santuario del Monte delle Formiche o giungervi per la strada asfaltata che evita la discesa e non è per nulla trafficata. 
A questo punto si scende dal versante est guadagnando facilmente il sentiero 811 verso Monterenzio.

In alternatica si può prendere a sinistra una carrareccia indicata per i cavalli, perdersi alle pendici nord-est del monte, scendere per tracce di sentiero e bosco in ripida discesa, tirando a caso una linea verso est fino a incontrare fortunosamente lo stesso sentiero 811. Noi chiaramente abbiamo intrapreso questa variante.

A Monterenzio imperdibile bar, con ottime brioches e toast, con biliardino annesso (strada principale a sinistra poco prima del municipio).

Da Monterenzio bisogna continuare sul sentiero 811. Per un buon tratto è in salita molto ripida. La scarsa manutenzione e le piogge, al momento del nostro passaggio, lo avevano ridotto a un fiume di melma difficile da percorrere; siamo infatti stati costretti a una quasi scalata di una 40 di metri di dislivello sulla parete di bosco alla destra del sentiero per trovare una via asciutta in cresta dove salire più agevolmente.
Giunti in cima e dopo un pezzo di strada asfaltata ci si raccorda al sentiero 801 (Idice-Passo della Raticosa), che da qui in poi si sovrappone alla Flaminia Minor e continua come strada bianca per diversi chilometri.
Superati altri incroci con 809 e 805 (?), si giunge all'interminabile parco eolico di Monterenzio. 
Ci siamo arrivati verso le 3 del pomeriggio con l'ultimo goccio d'acqua sul fondo delle boracce. Da qui in poi né acqua né case fino ai pressi (circa 1 km fuori sentiero) del Sasso della Mantesca.
Si oltrepassa un parchetto (senza fontanella) con il simpatico* monumento fascista all'aviatore Nicola D'Amico e si raggiunge il Sasso della Mantesca.
In questa zona si trova un bivio per un sentiero che sale al Monte La Fine (col senno di poi e dell'acqua andava preso).

Continuando per l'801 si raggiunge la provinciale piancaldolese nei pressi del Sasso di San Zanobi. Bel sassone, ma nei dintorni non c'è nulla se non una casa abbondanata poco oltre.

Noi abbiamo riscalvalcato il colle alle nostre spalle puntando verso La Martina, dove verosimilmente doveva esserci dell'acqua. Il sentiero anche qui era lasciato a se stesso. Abbiamo provato a tagliare per il bosco, abbiamo trovato un ruscelletto (per fortuna); poi ci siamo persi, è venuto buio e distrutti dalla stanchezza siamo sbucati in un campo arato e ci abbiamo piantato la tenda.

*Trattasi di ironia grossolana

 
Sempre in verde - con irrazionali giri in tondo finali - il nostro percorso.


Distanza molto approssimativa: 40 km
Dialogo del giorno con tre giovini che fanno una passeggiata post-apocalittica nel parco eolico:

- Scusate dove si va per di qua?
- Di qua si va in Toscana.
- Si, va bene, ma un po' più precisamente?
- Eh boh...
- Ma c'è un paese o qualche casa nei dintorni?
- Beh... sì.... ci sarà... da qualche parte...


#1.3 La Martina - Moraduccio

Si va a dormire coi fuochi d'artificio sopra Monghidoro o in qualche luogo simile; alle 4 ci si sveglia con un cielo illuminato a giorno da lampi continui a intervalli di 20'' con il timore di un temporale e della tenda inghiottita dal fango; alle 6 ci si risveglia e per fortuna non ha piovuto.
In cinque minuti siamo a La Martina. Al buio abbiamo vagato per quasi un'ora e mancava così poco.
Dopo colazione ci separiamo, Compagno M. va verso Monghidoro a prendere un autobus verso Bologna, io torno alla ricerca del sentiero verso il Monte La Fine che sulla mia mappa è privo di numero, ma in realtà è ben segnalato.

La salita è piacevole e sfioro per la seconda volta i 1000 metri, dopo due giorni di sole e ustioni giungono le prime nuvole, e minacciose.
Dopo la croce di vetta devo scendere a valle verso sud, ma senza seguire i sentieri segnati che puntano a nord-est verso Castel del Rio.
Il monte è un dedalo di strade, mulattiere e carrarecce battute dalle moto da cross, scendo a naso (o meglio a caso), comincia a piovere.
Sbaglio tenendomi troppo a nord verso la sorgente di un affluente del Santerno, nei pressi del microscopico paese di Sestetto.
Da qui seguo la strada comunale (bianca) fino a raggiungere una strada asfaltata che a S.Andrea passa il Santerno e va verso ValSalva (dove attendo al Bar Tabacchi Alimentari "La Brasilian" per un paio d'ore che si plachi un po' il diluvio) e infine Moraduccio.

Tra Valsalva e Moraduccio ho preso un bel po' d'acqua mi fermo al bar a 10 metri dal confine di regione e domando al locandiere se hanno camere o se mi può indicare un posto comodo per montare la tenda. Il burbero barrista mi indirizza lungo il fosso Canaglia verso Ronco dove posso dormire al coperto in una casa abbandonata dopo la ristrutturazione del tetto.
Scende la sera e sale la nebbia, monto la tenda al coperto del tetto della casa per tenermi un po' più caldo dato che ai lati è tutta aperta.
Mangio fagioli riscaldati e mi immergo nella lettura di Point Lenana. 

 Percorso decisamente approssimativo per la terribile definizione della mappa...
Per questa parte di percorso esiste però la mappa "25 - Alto Mugello - Appenino Bolognese" (1:25000 - ed. Multigraphic - Firenze)

Distanza stimata: 22 km (?)
Dialogo del giorno con dei giovani imolesi in trasferta gastronomica a Moraduccio:

- Ehilà. Da dove vieni?
- Da Bologna.
- Tutta a piedi?
- Finora sì...
- Lo vuoi un birrone?
- Certo!

#1.4 Moraduccio - Palazzuolo sul Senio

Mi sveglio indolenzito, ma tranquillo. Fuori ha smesso di piovere e devo decidere se provare a tagliare da qualche parte, continuando dalla stradina di Ronco, o tornare indietro, ripassare il fiume e prendere il sentiero.
Opto per la seconda possibilità. Sono quasi senza acqua, ma nel rintronamento mattutino me ne frego. Ritrovato il bivio, prendo una piccola strada in cemento che si inerpica su per una lunga salita. Il sentiero 715 compie un anello allungato e affusolato con un dislivello di circa 600 metri e un tempo di percorrenza totale di circa 6 ore. L'idea è arrivare quasi al vertice opposto (3h) e prendere una mulattiera che, scendendo un po', si congiunge con la provinciale nei pressi del punto dove si dovrebbe reinnestare un sentiero che svalica e rientra sulla strada poco prima di Palazzuolo.
Ottimo, poco asfalto e bei paesaggi.

Come spesso accaduto in questa grande escursione, il progetto iniziale ha subito però alcune ristrutturazioni. Prima di tutto prendo la mulattiera sbagliata.Questa scende, scende,scende... finché non mi immetto su una stradina asfaltata, che - apprendo solo ora da Google Maps - è la via Tirli Casovana. Infatti, di lì a una mezz'ora, mi ritrovo a una chiesa che scopro, non senza un certo disappunto, essere San Patrizio in Tirli.
Trovo sulla mappa il minuscolo paesino e, bestemmiando, mi rendo conto di aver fatto una cazzata che mi ha allungato notevolmente il cammino.
Sono stanco, ho la testa pesante ed è come se faticassi a tenere gli occhi bene aperti. Mi tocco la fronte e sento una strana sporgenza proprio nel centro... Non avendo uno specchio per osservare l'inquietante fenomeno, decido di fotografarmi...

Insomma, capirete anche voi che comincio a preoccuparmi e a fare supposizioni.


(errata corrige: "parvenze")

Chiedo informazioni a un giovine che mi indirizza sulla Strada Provinciale della Faggiola. A un certo punto dovrei ritrovare il secondo sentiero da prendere, ma dopo un paio di km sale la nebbia e inizia a piovere. Decido, con scarsa gioia dei piedi, di proseguire sull'asfalto. Dopo dodici lunghissimi km giungo a Palazzuolo sul Senio.
Sono stanco, preoccupato delle metamorfosi del mio cranio e di fronte al camping ancora chiuso stagionalmente, decido di concedermi una notte in albergo.
Riesco a farmi visitare dalla dottoressa che per caso si trova in paese.




 Distanza stimata: 23 km

Dialogo del giorno a Tirli:
- Ciao scusa mi riempiresti la borraccia.
- Certo, vieni pure.
- Senti, ma sono gonfio in fronte?
- Boia! Oh che l'è un becco?*

*da intendersi nel senso di puntura d'insetto. La particolarità di questo dialogo è la toscanità imprevista dato che pensavo di essere ancora in Emilia Romagna...)

#1.5 Palazzuolo sul Senio - Biv.Rif. Prati Piani

Strano, ma vero: finalmente una tappa portata a termine secondo previsione.
Dal centro della bella palazzuolo, al lato della chiesa parte il sentiero 285 che sale in 2.30 h circa al Monte Prevaligo. Sono cime di cacciatori e le baracche e postazioni di caccia, così come un'infinità di cartucce si trovano lungo tutto il percorso.
Giunto alla cima prendo a destra, sulla SOFT 17 fino a un piccolo monastero.

Dato che è ancora presto e la mia tappa di oggi è breve scelgo la via lunga che continua sulla SOFT percorrendo in cresta la mezzaluna di monti per scendere alla fine al rifugio Prati Piani.
La fortuna di aver preso solo due gocce di pioggia e la gioia di fare finalmente un po' di montagna provocano una certa euforia al limite del demenziale.
L'ultima parte si rivela in effetti un po' infida, la pioggia dei giorni passati ha portato fango e reso alcuni tratti scivolosi. Inizio la serie dei ruzzoloni che mi accompagneranno anche nelle prossime tappe.
Giungo ai Prati Piani quando sta cominciando a piovere e prendo senza tentennamenti la decisione di fermarmi anche se è solo l'una.
Il posto è bello una baracca metallica con un atrio con il caminetto aperto su un prato; all'interno una decina di posti letto in letti a castello, stufa, fornelli e una grande tavolata al centro.
Mi dedico alla lettura e accendo un fuoco con la poca legna asciutta a disposizione.

 Nella seconda cartina si vede una possibile via, teoricamente più breve, ma la SOFT 16 vale il giro lungo.


Distanza stimata 17/18 km
Nessun dialogo perché nessun incontro, se escludiamo l'albergatrice che si intrattiene con me soprattutto per gufare infortuni in solitaria e una terribile e straziante morte in montagna.

#1.6 Prati Piani - Capanna del Partigiano

La pioggerelina ha ripreso a cadere. Aspetto una mezz'ora che smetta e mi avvio per la lunga discesa che mi porta a Crespino sul Lamone.
Colazione al bar alimentari dove origlio il dialogo del giorno. Parlano un settantenne e un vecchio dall'età decisamente più avanzata, che mangia con gusto due brioches e si adopera in un accorato panegirico sui due cavalli di potenza della sua nuova falciatrice elettrica.
Fatta scorta di cibo, esco dal paesino e, guadato un fiume, incontro un signore romano sui sessant'anni. Sta andando in avanscoperta sulla SOFT 19 dove accompagnerà un gruppo di amici l'indomani; mi chiede lumi sul sentiero che non riesce a trovare e io sfodero con orgoglio la mia 1:25000 assai più chiara della sua 1:50000. Si fa a gara a chi c'ha la scala più piccola...
Passando, truffaldinamente, per grande escursionista, gli consiglio caldamente il sentiero di ieri e, interrogato, gli do informazioni sulla Via degli Dei.
Lo indirizzo sulla retta via e io mi infilo nella GCR, che in realtà per tutto il tratto odierno corrisponde all'altro ramo dell'anello della SOFT. Equivoco e dopo un'ora torno indietro per essere sicuro di non aver sbagliato la deviazione.
Ero sulla strada giusta, imprecazioni di circostanza... Torno a superare i 900 metri e scendo per un ripido sentierino nella valle adiacente. A Campigno, da cui passò Dino Campana nella sua viandanza da Marradi a La Verna, salgo ai 1200 metri abbondanti della Capanna del Partigiano.
Le due piccole finestrelle del bivacco sono poste a est e a ovest, per cui - almeno in questo periodo dell'anno - l'interno è illuminato solo alle 5-6 di mattina e alle 8-9 di sera. Buio e freddo (il camino tira, ma il venticello all'esterno rimanda il fumo dentro attraverso gli spifferi della porta...). Alle 9 sono già avvolto a sarcofago dentro al sacco-letto, con pile, calzamaglia e doppi calzini...


Distanza percorsa: 20 km (?)
Dialogo del giorno via sms:

Padre: Come va?
Io: tutto bene, sono a 1200 in un bivacco dei Partigiani...
Padre: Ocio ai lupi...
Io: Che cazzo se ci dovessero essere i lupi proverò a prenderli a bastonate. Ma che vuol dire ocio ai lupi?
Padre: Fai attenzione ai lupi
Io: So cosa vuol dire "ocio". Che vuol dire era nel senso di ma che consiglio è? Sto da solo a ore dal più vicino paese e tu mi ricordi che ci sono i lupi. In che modo dovrei farci attenzione?
Padre: Non ho memoria di aggressioni all'uomo.*

*tentativo di metterci una pezza...

#1.7 Cap. del Partigiano - S.Benedetto in Alpe

Eh si, partire la mattina presto, senza essere del tutto svegli porta a fare delle gran minchiate. Con grande sicurezza ho continuato a seguire la SOFT che però andava in una direzione completamente diversa, con un faticosissimo saliscendi e seguendo il percorso di un metanodotto interrato. Ci ho messo un'ora e mezza a capirlo. E un'ora e mezza a tornare indietro.
Trovato e preso il sentiero giusto, e già stanco, salgo il piccolo dislivello fino al Monte Lavane, lascio la mia firma sul libro di vetta e scendo lungo il sentiero 413 che mi porta all'interno del Parco delle Foreste Casentinesi.
Posti belli e di piacevole selvatichezza: le balze di cornacchia e i resti in rovina del Briganzone e dei Romiti.
La tappa di oggi dovrebbe essere breve e tranquilla, ma la deviazione iniziale mi fa faticare. Verso mezzogiorno giungo alla cascata de "La Caduta e alla seguente Acquacheta. Nei paraggi sta facendo pausa una scolaresca bolognese accompagnata da un Compagno Guardiaparco. Compagno Guardiaparco mi prende subito in simpatia e mi narra delle sue camminate verso Roma e sulla GEA, in solitaria e senza tenda. Con una certa nostalgia nello sguardo, mi saluta e prosegue il giro coi fanciulli.
Incontro altri escursionisti e una scolaresca più piccola che a più voci mi chiede quanto manca.

Dialogo del giorno con un ragazzino sovrappesso e sfiancato:
Fanciullo -Signore senta: quanto manca?
Io - Poco tranquillo, saranno due ore, due ore e mezza*

*chiaramente una balla, e fatico a nascondere il ghigno malefico

Però il bimbo in effetti camminava da un po' e mi vedo costretto a fare pausa per dare sollievo alla schiena e imbottirmi di frutta secca. Arrivo a San Benedetto in Alpe alle 2 passate.
Alle 4 arriva Compagna F., saliamo al campeggio dove faccio con gioia doccia e bucato.
La sera andiamo a mangiare in un ristorantino di cui non farò il nome. Vicino al nostro tavolo una grande anfora in coccio con scritto:
"W il duce. 1935"
Dietro il banco articoli di giornale che ritraggono il cuoco con pistola; i titoli: "Spara al ladro che tentava di rapinarlo."
Di lì a poco sciama dall'ingresso un folto gruppo a cui il gestore offre - chiedendolo una trentina di volte ai singoli - un crodino o un bitter. Si tratta di un intero distretto di polizia in trasferta per la cena.


Distanza 13 km (?) + 9 km (la cazzata del giorno - fuori mappa)

#1.8 S. Benedetto - Gorgolaio

Compagna F. e io partiamo presto, relativamente. Cogliamo lungo la via le avanguardie concettual-politiche sanbenedettine:


Facciamo una buona colazione e una gran scorta di cibo e ci avviamo in salita per una stradina... sbagliata. Tagliamo per un pratone ritrovando il sentiero 417 che ci porta a Pian delle Tavole, tutt'ora in funzione come malga e verso il Monte Gemelli (dev. sul 401).
Qui ci perdiamo e giriamo in tondo un paio di volte prima di trovare il sentiero 321 che, dopo una breve discesa, si avvia in piano verso Poggio Cavallaro. Di qui una discesa infinita (dislivello di 500 m) porta alla SP3.
Considerati i giri a vuoto e la stanchezza, decidiamo di non risalire per il sentiero 311 per cercare di raggiungere Pian di Rocchi (obbiettivo originale). Ci fermiamo invece al rifugio Gorgolaio, situato a lato della Provinciale e distante solo 3 km. Mentre Compagna F. dorme sulla panca fuori dal bivacco, io cerco un posto dove il telefono abbia campo per dare nostre notizie. Nei 2 km fino a Fiumicello nessun segnale. Mi fermo al paese, al bar-affittacamere prendo un birrone, avvisando che ci vedranno l'indomani per colazione e torno indietro.



Distanza stimata: 15 km (? + 4 km per Fiumicello)

Dialogo del giorno a Fiumicello:

- Stiamo giù al bivacco del Gorgolaio; ho fatto due passi per vedere se il telefono prende...
- Eh... qui va solo, e molto poco, Vodafone vicino alla chiesetta...
- Pazienza...
- Ma se vuole lì c'è un telefono a gettoni.
- Ah... non importa mi dia un birrone.

#1.9 Gorgolaio - Corniolo

Piccolo spuntino e, scartata l'opzione strada asfaltata, ci si inerpica sul 339-303A verso la cima del Monte Pozzone (da 565m a 909m); una buona sveglia. La discesa è più difficoltosa del previsto, il sentiero è in stato di abbandono e alcuni tratti comportano ostacoli faticosi da superare a stomaco vuoto...
Ci mettiamo 2,30 h per raggiungere Fiumicello (contro i 20 minuti di ieri pomeriggio...), ma la camminata è stata divertente.
Dopo una gigantesca colazione raggiungiamo faticosamente il passo della Braccina per il sentiero 309, dove pranziamo (e Compagna F. crolla a dormire per 45 minuti sdraiata in modo scomposto su dei gradoni assolati. 
Riscendiamo verso Corniolo per il tranquillo e comodo sentiero 263.
Il camping dove avevamo pensato di dormire è in abbandono da circa un paio d'anni e Compagna F., pur di dormire comoda e lavarsi, mi offre una notte in albergo. Io compio cotanto sacrificio di buon grado...



Distanza: boh...
Dialogo della notte nel bivacco (tecnicamente è oggi):

F. - Aaah c'è un ragno gigantesco, uccidilo!
io - Senti io stavo dormendo, del ragno non mi frega nulla: se vuoi ucciderlo, te lo uccidi da sola.
F. - Aaah è caduto... mi sa che ancora vivo... non lo trovo più...*

*L'incidente del Compagno Ragno, del quale tutt'ora non sappiamo sa se sia o meno sopravvissuto al vile agguato, ha comportato che Compagna F. dormisse tutta la notte dando le spalle al muro per paura che insetti le camminassero in facca, con la conseguente incriccatura di anca dovuta all'immobilità su pavimento duro.


#1.10 Corniolo - Lama

Le notti in un letto riposano davvero. O almeno così pare.
Lascio Compagna F. in albergo (prenderà un autobus di lì a un paio d'ore) e mi avvio.
Subito il primo ostacolo: la stradina che dà accesso al sentiero 257 è chiusa per lavori; stanno asfaltando la via che porta al fiume e non c'è modo di passare. Torno in paese e mi infilo nel cortile di una casa e da lì nel boschetto retrostante. In una decina di minuti di esplorazione, ritrovo il sentiero e il ponticello sul Bidente di Corniolo. Sull'altra sponda ricomincia la salita.
Cammino spedito, mi sento bene, il corpo risponde senza sforzi. In un paio d'ore raggiungo la cresta dei monti dove passa la ciclabile


in un'altra ventina di minuti il bivio con il sentiero 233, poco prima di S. Paolo in Alpe, dove tre caprioli brucano tranquilli nei pressi degli edifici abbandonati. Comincio a scendere.
A metà strada mi imbatto in due escursionisti che mi chiedono indicazioni per compiere un possibile anello che lì riporti verso il lago di Ridracoli. Dispiego la cartina e gli do qualche dritta per un paio di sentieri non segnati. (chissà se hanno fatto ritorno...)
Di lì a trenta secondi mi accorgo però che la coppia non è altro che l'avanguardia di una lunga comitiva di camminatori domenicali che mi costringono a una raffica di buongiorno e qualche risposta volante sulla mia identità, provenienza e cause della mia incredibile bellezza.
Credevo che Ridracoli fosse un paese, ma avevo frainteso la mappa. Sono quattro case di cui tre abbandonate, una chiesetta, un museo e un'area sosta camper. Il bar non è un bar ma una specie di country house tra l'antiquariato e il vintage che mi chiede ben 3.50€ per una birretta da 33 cl.
Lo stranissimo gestore, un anziano allampanato, dalla parlata lenta mi dà una serie di inutili e pedanti indicazioni.
Lo ringrazio, e contemporaneamente lo maledico in silenzio per il ladrocinio.
La via per la diga è lunga e noiosa. Come la stessa diga e il lungolago del resto.
E' domenica e il posto è invaso dai turisti, a pesca, in scampagnata, a prendere il sole. Al rifugio Ca' di sopra, pranzo seduto in disparte. Passare dalla quasi assoluta solitudine alla folla è traumatico.
L'idea per oggi sarebbe stata raggiungere passo Fangacci, ma il caldo e l'asfalto mi hanno provato molto. Il sentiero che costeggia il lago artificiale poi non è del tutto rilassante. A questo si aggiunge un temporale che mi colpisce verso le 15.30 nei pressi de La Lama. Mi rifugio sotto la tettoia dell'edificio della forestale. In due minuti sono già fradicio. Aspetto che il tempo migliori e poi raggiungo il bivacco. Accendo un bel fuoco, grazie aal quale asciugo i vestiti e scaldo dei fagioli che trovo sul posto.
Collasso di stanchezza verso le 21, mentre le braci si spengono piano piano dando un'ultimo tenue bagliore nella stanza.




Non c'è dialogo del giorno. Solo scambi di battute veloci, qualche commento sul tempo con l'anziano salooner di Ridracoli e i settimila buongiorno dei camminatori della domenica. Poi gran solitudine.


#1.11 Lama - Verghereto

La giornata di ieri mi ha stancato molto e questa mattina cammino faticosamente. Il sentiero verso Passo Fangacci è - dicono i cartelli - uno dei più affascinanti del parco, la natura è integra e costeggia una Riserva Naturale Integrale, risalendo il corso i un torrente.
Il fondo è fangoso e la salita risulta faticosa. In un paio d'ore giungo comunque al Passo, ma quasi subito perdo il nuovo sentiero in discesa (GEA) e sbuco sull'asfalto, decido di camminare sulla strada. Verso ora di pranzo arrivo a Badia Prataglia, finalmente un paese grande con un po' di vita e di servizi.
Faccio la mia, ormai rituale, abbondante colazione di metà mattina e prendo una pagnotta da mezzo chilo come scorta. Non so dove dormirò stasera.
L'idea è seguire la GEA fino a Piano Rotta dei Cavalli, dove la mia mappa segna un bivacco, che però sembra non esista.
Fatta eccezione per la prima salitona, il percorso continua abbastanza pianeggiante in cresta. Nei pressi della Rotta dei Cavalli le indicazioni del Cammino di San Vicinio, di cui in effetti ignoravo l'esistenza, indicano Verghereto a 8,5 km.
Sono già le 4, ma la giornata è bella e quel cartello mi rassicura sullo spazio abbastanza ristretto che non è coperto dalle mie mappe.
Quest'ultimo tratto si rivela abbastanza duro, per la stanchezza e i saliscendi, ma l'idea di un pasto decente e di dormire in un paese è un ottimo incentivo.
Arrivo alle 6.45, in piazza i bambini giocano rumorosi facendo gare su automobili a pedali e la vivacità del posto mi rincuora.

Prendo un paio di birrette e faccio conoscenza con il vecchio barista e gli altri anziani presenti.
Da queste conversazioni (conversazione del giorno) nasce l'ormai celebre codificazione della strategia #barcentrale


nonché il tutorial sul fungo prugnolo (di cui a quanto pare è andato perduto il primo tweet):

#tutorialprugnolo:
1.Il prugnolo è un fungo, fatto a fungo.
2.La stagione va da fine aprile a metà maggio circa.
3.Il prugnolo vuole pioggia, il porcino sole.
4.Devi cercare dove l'erba diventa più nera.
5.Devi stare attento che ci sono dei maledetti che fin da Cesena vengono a raccoglierli e non son buoni e fanno i danni.

La notte è bella e, consultatomi con l'anziano Compagno Barista, decido di accamparmi senza tenda in una viuzza al coperto d'un arco.
Il panorama dà sulla non lontana E45, ma pure il traffico stasera vale quanto un tramonto.

Al percorso mancano gli ultimi 8 km circa, fino a Verghereto. La mia no-map zone

#1.12 Verghereto - Badia Tedalda

Da qualche km a est di Verghereto sono di nuovo coperto dalle mappe. Ben due in realtà: una 1:25000 di Multigraphic (che però è assolutamente pessima, vi pigliasse un accidente!) e una - paradossalmente - molto più accurata 1:50000 dell'IGA (126 - Alta Val Marecchia). Prendo diversi sentieri, seguendo i cartelli e tenendomi a nord, per lo sfizio di passare dal Monte Fumaiolo.
Alla prima pausa incontro due omini in cerca di funghi, con i quali sfoggio le conoscenze acquisite grazie al #tutorialprugnolo.
Uno si ferma, mi racconta della grandine presa al raduno degli alpini a Piacenza, la settimana appena passata; desidera vedere la mia mappa:

Il dedalo di sentieri nei pressi del Monte mi fanno fare giri strani e tortuosi fino alla sorgente del Tevere.
Qui mi concedo qualche digressione idropolitica:

 


Scendo a Balze per la colazione. Nel tardo pomeriggio, passando per Poggio Tre Vescovi, arrivo a Badia Tedalda. Il sentiero era tranquillo nella prima parte, faticoso e solo accennato nella seconda; dopo Fresciano (dove la birretta mi viene negata dal "giorno di riposo") il sentiero si riduce a una traccia nell'erba alta, poi costringe allo scomodo guado del veloce fiume Marecchia, e risale sul monticello successivo scomparendo dal terreno. La via è segnata da paletti coi segnali CAI, ma per un bel tratto non esiste effettivamente sul terreno, che è completamente coperto di arbusti e rovi. Alla fine perdo pure la strada e percorro un bel tratto di asfalto prima di raggiungere Badia.
Ho una gran voglia di pizza e finisco nell'unico ristorante-bar-pizzeria che la cucina. Sembra un posto assai losco e la pizza fa pure pena. Non c'è un bar centrale e mi chiedo dove siano i vecchi. Mi ritiro un po' mogio a dormire su una panchina nella pineta.


Perso il conto delle distanze e nessun vero dialogo del giorno. 


#1.13 Badia Tedalda - Mercatello sul Metauro (--> Osimo)

Mi alzo all'alba, perché stando in un parchetto pubblico mi scoccia dare spettacolo. Faccio una buona colazione di brioches appena sfornate al bar più simile a un centrale che riesco a trovare (e che ieri era chiuso).
Per uscire dal paese seguo l'asfalto e scendo fino alla Cascata del Presale. Non trovo l'ingresso del sentiero e salgo ai 1087 m del Poggio Monterano da una strada sterrata. Sono circa 500 m di dislivello percorsi in un paio d'ore abbondanti. In cima, il sentiero costeggia il lungo serpente della Linea Gotica; frequenti cartelli indicano deviazioni per trincee e fortini. Passo per Montelabreve, zone di guerriglia partigiana, e al Poggio della Regina; scendo all'oratorio della Colubraia. Poco oltre prendo a sinistra - sentiero 90 - e con qualche difficoltà riesco a scendere a Figgiano e infine alla strada provinciale. Dopo una mezz'ora sono a Borgo Pace.



Il dialogo del giorno e la fine della storia li trovate qui.

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