mercoledì 11 novembre 2015

Parte il conto alla rovescia!


Car* tutt*,

è giunta quest'oggi l'attesa offerta d'acquisto per i nove ettari di terreno del progetto "CSA Basta".
Da oggi partono quindi i 2 mesi di conto alla rovescia!

Tasse e tutto, si parla di una cifra intorno ai 150.000 euro.
Al momento - 11 Novembre, ore 18:31 - le quote raccolte sono 82 (41.000 euro).

Rapido conto: hai ancora solo 220 possibilità di investire 500 euro per una agricoltura bio&solidale e sostenere Basta: affrettati!

Dai dai dai!

Scarica e compila il modulo per diventare membro di Kulturland Genossenschaft e sostenere Basta!

Il vostro affezionatissimo,
M.




L'idea ti stuzzica, ma hai qualche dubbio?
Non sai il tedesco e vuoi sapere parola per parola cosa stai firmando?
Sono a tua disposizione, scrivimi qui: irtoittita@anche.no


Basta, adesso.

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Cos’è Basta?

Mi scontro con la difficoltà di spiegarlo in breve e, magari, con piglio accattivante.
Basta non è uno slogan, ed è forse miglior approccio evitare definizioni semplici per oggetti complessi.
Questo non mi impedisce di partire dalla base. Basta è innanzitutto il nome di un luogo, piccolo ma riportato sulle mappe – almeno su quelle estremamente dettagliate. Per essere precisi Basta si trova a 81,9 km a est di Berlino (stando a Google), Land del Brandeburgo, Märkisch Oderland, Oderbruch, Gemeinde Letschin, Ortsteil Steintoch.

A Basta vive un collettivo di 5 persone (e mezza) che pratica agricoltura biologica a supporto comunitario.
L’agricoltura a supporto comunitario (in inglese Community Supported Agricolture o CSA, in tedesco solidarische Landwirtschaft) è una forma di produzione e distribuzione che cerca una via alternativa al mercato.
Detto altrimenti: nulla di quanto è prodotto a Basta viene venduto; le nostre 104 Ernteanteile (letteralmente “partecipazioni al raccolto”) pagano una quota mensile (quest’anno in media circa 70 euro) che vanno a coprire i costi di produzione e i nostri stipendi. Le 104 parti corrispondono concretamente a circa 300 persone, dal momento che chi riceve una parte può essere anche un singolo individuo, ma più spesso si tratta di una famiglia, un appartamento condiviso o persino un progetto abitativo con molte più persone. Cinquanta giovedì all’anno dividiamo il raccolto della settimana per 104 e lo portiamo in due stazioni di consegna a Berlino.

Produciamo più di cinquanta ortaggi e una ventina di erbe, per oltre cento varietà diverse su una superficie di circa 2 ettari all’aperto e in 400 mq di serre. Da quest’anno abbiamo cominciato anche a crescere cereali (grano, segale e avena) e contiamo di diversificare ulteriormente nel corso delle prossime stagioni, per esempio introducendo mais e girasoli, per farina da polenta e olio. La superficie totale su cui ruotiamo le colture è di poco meno di 9 ettari. Oltre ai membri del gruppo riforniamo ogni settimana un Vokü (cucina popolare) e saltuariamente sinistri cucinieri che preparano pasti durante manifestazioni di protesta o eventi a supporto dei rifugiati.

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Ernteanteil del 20 agosto.

Il sistema dell’agricoltura convenzionale si articola su molteplici livelli e mette in gioco diversi attori: braccianti, lavoratori e imprenditori agricoli da una parte, consumatori dall’altra e uno o più livelli di distribuzione nel mezzo. La distribuzione detta i prezzi e si mangia gran parte del profitto; gli imprenditori medio-grandi guadagnano e quelli medio piccoli restano a galla, il più delle volte grazie ai salari da fame dei braccianti; infine, l’orizzonte del consumatore spesso non va oltre il reparto frutta e verdura di un supermercato.

Al contrario un CSA cerca di creare condizioni di lavoro sostenibili, localizza e semplifica la distribuzione e prova ad aprire gli orizzonti del “consumatore”. Lo metto tra virgolette perché il rapporto tra noi e il gruppo berlinese non è definibile secondo la classica opposizione tra produttore/distributore e consumatore. Non siamo infatti una normale azienda agricola con un modo alternativo di distribuire il raccolto.

Certo esistono CSA “misti” che destinano una parte della produzione al mercato e una parte alle Ernteanteile. Ma in questo modo si genera facilmente un sistema per cui al mercato o, in misura ancora maggiore, alle forniture per i ristoranti sono destinati i prodotti di prima scelta e più redditizi, e al CSA ciò che resta o che non può essere venduto.
Sebbene questo modello abbia pure aspetti virtuosi (es. per la riduzione degli sprechi), noi abbiamo scelto un modello di CSA “puro” in cui chi paga una quota condivide collettivamente rischi e benefici e non fa solo da tappabuchi laddove il mercato non offre sbocchi.

Inoltre, un punto centrale dell’agricoltura a supporto comunitario, almeno per come la intendiamo noi, è di cercare di creare un’assoluta trasparenza. Ma, ne sono consapevole, “trasparenza” è un concetto abusato che è divenuto, paradossalmente, opaco. Vale perciò la pena chiarirlo.


Cosa significa trasparenza?

Innanzitutto, si tratta di trasparenza economica: all’inizio dell’anno presentiamo un piano finanziario che è discusso, modificato e approvato in assemblea con tutti i membri del gruppo e che riporta in modo dettagliato tutte le voci di spesa previste per l’anno seguente; alla fine dell’anno facciamo un bilancio basato sulle entrate e uscite reali che serve da base per il successivo piano finanziario.

In secondo luogo, si intende trasparenza della produzione: le porte di Basta sono sempre aperte e i membri del gruppo possono prendere parte a ogni fase della produzione. Questo ha molteplici ricadute sulla vita del progetto: da un lato, il contributo concreto al lavoro permette di contenere i costi e il carico di lavoro individuale, soprattutto nei periodi più impegnativi; dall’altro, l’effettiva partecipazione comporta anche condivisione del sapere.

Il punto è proprio questo: la trasparenza è, nella pratica, possibile solo se chi riceve le informazioni ha la competenza necessaria a interpretarle e comprenderle. Per questo è più che opportuno rimettere in discussione il rapporto tra consumatore e produttore; chi fa esperienza solo del prodotto finito e consumabile, non è in grado di dare un valore, in senso ampio, a quel prodotto. Il limite del “consumo critico” a nostro avviso è che spesso non va oltre la scelta tra diversi oggetti di consumo, e pertanto si deve affidare a un brand: fair, bio, slow…

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Il nostro punto d’arrivo sarebbe un rapporto umano non mediato, una conoscenza personale reciproca. Per questo non vogliamo seguire un modello di crescita a tutti i costi, ma ricerchiamo piuttosto un punto di equilibrio sostenibile, in modo da restare abbastanza “piccoli” da poter avere rapporti personali nella comunità. Vogliamo che tutti possano conoscere direttamente dove, come e da chi il proprio cibo è prodotto; anche dal nostro punto di vista di produttori questo ha una grande importanza: conoscere personalmente chi consumerà ciò che produci, cambia completamente la motivazione e l’approccio al lavoro che stai facendo.

Va da sé che non sempre questo modello è possibile: non tutti hanno tempo libero ed energie da investire nel progetto. Il CSA propone forse un compromesso accettabile: la comunità nel suo complesso fa da garante, in modo che i singoli membri possano decidere a seconda delle proprie possibilità il proprio livello di coinvolgimento nel progetto.

La volontà di mantenere piccole dimensioni annulla anche in una certa misura la concorrenza, perché non vogliamo o dobbiamo conquistare nessuna “fetta di mercato”. Possiamo anzi appoggiare e sostenere la nascita di progetti analoghi, con i quali fare rete (già esiste una rete regionale e nazionale dei CSA abbastanza attiva), scambiare risorse e competenze.
Gli aspetti di coinvolgimento del gruppo non si limitano all’aiuto “sul campo”. Il CSA è organizzato in una serie di gruppi di lavoro (AG) che curano diversi aspetti del progetto. Dal benvenuto ai nuovi membri, alla gestione economica e degli spazi, all’organizzazione delle assemblee, a tutta una serie “skill’s sharing”.
Basta non è un’azienda, ma è un modo di creare comunità.
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Come posso supportare Basta?

La principale insicurezza di Basta è la terra. Al momento lavoriamo nove ettari di proprietà del Land del Brandeburgo, il quale sta gradualmente privatizzando gli ex terreni della Repubblica Democratica Tedesca – ovvero quelli che non sono già stati comprati a quattro soldi dai tedeschi dell’ovest post caduta del muro.

Per avere la certezza di poter continuare a lavorare qui nel medio-lungo periodo, dobbiamo in qualche modo mettere questi nove ettari “in sicurezza”. Il modo più semplice per farlo è acquistarli, ancheperché, in quanto affittuari, possiamo avvalerci del diritto di prelazione.
Nei prossimi giorni dovrebbe arrivare l’offerta di vendita e abbiamo due mesi di tempo per accettarla o rifiutarla.

L’idea non è però di acquistare la terra come privati, ma di comprarla con un consorzio, nel nostro caso Kulturland Genossenschaft. La situazione è questa: il costo della terra cresce ed il mercato è fortemente soggetto a speculazione. Già da qui a una generazione, il rischio è che le piccole imprese scompaiano e l’accesso alla terra diventi sempre più difficile. L’idea del consorzio è di creare un capitale di terre (al momento è impegnata con altri quattro progetti oltre a Basta), che siano tolte dal mercato e riservate sul lungo periodo all’agricoltura contadina e biologica.

Nel caso di Basta dobbiamo raccogliere tra 300 e 400 quote da 500 euro(dipende da quanto alta sarà l’offerta per i terreni). Con questo capitale acquistiamo la terra; dopodiché paghiamo un affitto a prezzo politico al consorzio, con la sicurezza di poter continuare a lavorare qui e che la terra non sia venduta ai nostri “vicini di casa” (nel nostro caso due vicini alquanto ingombranti, con rispettivamente 1000 e 3000 ettari). Le quote creano i capitali per comprare i terreni, mentre gli affitti pagano le spese di gestione e gli stipendi di chi manda avanti la Genossenschaft.

Inoltre qualora chiudessimo il progetto, il consorzio farà in modo che questo terreno sia comunque affidato a qualcuno con precise caratteristiche (per esempio un piccolo produttore di agricoltura biologica) e non finisca qual spuntino nelle fauci del latifondo.


Quindi in sostanza devo donarvi cinquecento euro?

Non esattamente. La quota consociativa (precisamente 525 euro, 500 + 5% di spese gestionali della Genossenschaft) non la intaschiamo noi, ma verrà usata appunto dal consorzio di cui tu stesso entri a far parte, per acquistare i nove ettari su cui lavoriamo. E non si tratta nemmeno di una donazione, anche perché dopo cinque anni puoi decidere di uscire dalla Genossenschaft e riprendere i tuoi 500 euro (senza i 25 spese). Si tratta di qualcosa di più simile a una adozione a distanza, con la differenza che paghi una sola volta e quando vuoi puoi venire a vedere come stiamo trattando il tuo (nostro) terreno.

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Per domande e info: irtoittita@anche.no
Altre info qui (ma in tedesco).

giovedì 29 gennaio 2015

Restare e (r)esistere. Primi appunti vagamente strutturati sull'agricoltura a supporto comunitario

Orbene, riprendo parola. 
Pare che questa volta mi stiano spuntando radici; Non è un male: non sempre la resistenza è movimento e guerriglia. Qualche volta si resiste stando.



Questa volta sto. 
Questa volta mi fermo perché le cose si mettano in moto e divento sedentario della più antica delle sedentarietà: faccio il contadino. 
Faccio parte di un collettivo che pratica agricoltura a supporto comunitario (che da Wikipedia Italia scopro essere - in Italia o almeno in italiano - una forma di agricoltura civica, mentre su quella inglese si abbrevia CSA e te la raccontano un po' più in dettaglio). 

giovedì 11 settembre 2014

Oder Loop

Nel mezzo dell'estate, mentre il mondo si estasiava per l'incredibile dimensione del disco lunare, io scambiavo il riflesso luminoso su un misero specchio d'acqua polacco per assurda illuminazione elettrica boschiva.

La Polonia vi dà il benvenuto, la Germania se ne guarda bene.
Questa la situazione al confine sull'Oder: dal lato tedesco nessun segnale che indichi traghetti, attracchi, possibili attraversamenti; dal lato polacco la compagnia che fornisce il servizio si chiama "Senza confini".
Senz'altre parole, un'altra mappa:

L'Oder Loop




mercoledì 2 luglio 2014

Appunti di lavoro #3 - Il posto del Soggetto

Ricapilando: questo è un mondo di tavole da pranzo, tavolacce, tavolini da bar, sgabelli, sedie, poltrone, divani, panchine. Come si muove un Soggetto al suo interno?

In alcuni casi è già sempre seduto. "Avere un corpo" è un predicato privo di scelta, ma anzi preliminare (necessario non sufficiente) affinché un Soggetto sia in grado di nominarsi in quanto tale.

"Avere un corpo" in forma sedia. Senza via di scampo.

lunedì 30 giugno 2014

Fiaba della buonanotte

C'era una volta un uomo.
Quest'uomo era giovane e aveva un vecchio portafoglio logoro nella tasca posteriore dei pantaloni.
Nel portafoglio, insieme a qualche documento e pochi spicci conservava con cura una carta da gioco: la matta, il jolly. Quella carta l'aveva trovata per terra anni prima un amico sempre attento alla strada e ai suoi inaspettati doni.
Meglio ch'io spieghi cosa intendo parlando di doni della strada. Ecco, per farvi un esempio: l'amico un giorno aveva trovato sul marciapiede una mazzetta di banconote tenute assieme da un ferma-soldi. 950 euro. A dirla tutta, l'amico si era risentito per quella ridicola presa in giro. 950. Li aveva contati e ricontati. Niente: quei cinquanta euro mancavano proprio. Assolutamente ridicolo.

Comunque sia, quella volta l'uomo con la carta da gioco nel portafoglio stava seduto a un tavolo. Non si può dire che fosse a suo agio; forse perché quel tavolo non era suo e nemmeno dell'amico della carta. Ma soprattutto perché a quel tavolo, di fronte a lui sedeva un altro uomo.
Dunque c'era, quella stessa volta, un altro uomo.
Sì. La volta era la stessa, ma la storia merita un nuovo inizio. Perché quei due uomini non vanno mescolati né confusi. Sedevano allo stesso tavolo e parlavano, ma provenivano da storie talmente differenti da richiedere almeno due inizi. E un racconto che narri com'è che andò che due storie così distanti a un certo punto si intersecarono.

Quell'altro uomo era, come avrete forse intuito, il padrone del tavolo. Ma non era questo a mettere a disagio l'uomo con la carta. No di certo.

giovedì 26 giugno 2014

Ndo gite a sparge lo matto?

L'attraversamento #3 si è concluso con un dì d'anticipo. Causa malanni fisici e pulizia mentale giudicata sufficiente.

Nel mentre, la tre giorni è stata ribattezzata  "Via della Ginestra" o - più efficacemente - "Tonda de S.Vicino". Data la breve durata e le sue peculiari caratteristiche non avrà né sezione a sé né diario di viaggio.

Vi lascio però la mappa del nostro irrazional-percorso: