lunedì 30 giugno 2014

Fiaba della buonanotte

C'era una volta un uomo.
Quest'uomo era giovane e aveva un vecchio portafoglio logoro nella tasca posteriore dei pantaloni.
Nel portafoglio, insieme a qualche documento e pochi spicci conservava con cura una carta da gioco: la matta, il jolly. Quella carta l'aveva trovata per terra anni prima un amico sempre attento alla strada e ai suoi inaspettati doni.
Meglio ch'io spieghi cosa intendo parlando di doni della strada. Ecco, per farvi un esempio: l'amico un giorno aveva trovato sul marciapiede una mazzetta di banconote tenute assieme da un ferma-soldi. 950 euro. A dirla tutta, l'amico si era risentito per quella ridicola presa in giro. 950. Li aveva contati e ricontati. Niente: quei cinquanta euro mancavano proprio. Assolutamente ridicolo.

Comunque sia, quella volta l'uomo con la carta da gioco nel portafoglio stava seduto a un tavolo. Non si può dire che fosse a suo agio; forse perché quel tavolo non era suo e nemmeno dell'amico della carta. Ma soprattutto perché a quel tavolo, di fronte a lui sedeva un altro uomo.
Dunque c'era, quella stessa volta, un altro uomo.
Sì. La volta era la stessa, ma la storia merita un nuovo inizio. Perché quei due uomini non vanno mescolati né confusi. Sedevano allo stesso tavolo e parlavano, ma provenivano da storie talmente differenti da richiedere almeno due inizi. E un racconto che narri com'è che andò che due storie così distanti a un certo punto si intersecarono.

Quell'altro uomo era, come avrete forse intuito, il padrone del tavolo. Ma non era questo a mettere a disagio l'uomo con la carta. No di certo.
Il fatto era che il padrone del tavolo era anche il padrone della casa, o meglio della villa in cui quel tavolo si trovava; e del parco in cui stava la villa; e del paese in cui stava il parco. Sue erano quasi tutte le case dei dintorni, suoi gli ettari ed ettari di campi intorno, coltivati a mais e irrorati di diserbanti e pesticidi.
Ma non era nemmeno questo che metteva a disagio l'uomo con la carta. Perché, sebbene l'uomo con la carta fosse un contadino, tuttavia non lavorava quei campi di mais né abitava una delle case del paese.
L'uomo con la carta lavorava invece una terra dello Stato e dallo Stato stava provando a comprarla. E quel lavoro di contadino non gli era toccato in sorte, se l'era scelto. Aveva studiato in città, ci aveva pure lavorato, e poi aveva scelto di fare il contadino. Possiamo ammettere senza riserve che la ricchezza dell'altro uomo gli incutesse, è vero, un certo timore, ma non era questo ciò che davvero poteva metterlo così a disagio. L'uomo con la carta aveva un'idea di mondo chiara e precisa, una coscienza delle disuguaglianze e un concetto assai netto di giustizia sociale: non erano i soldi a impressionarlo.

Ciò che lo metteva veramente a disagio era l'impassibilità con cui l'altro uomo aveva rifiutato le sue ripetute offerte. Perché, ovviamente, l'uomo coi soldi possedeva qualcosa di importante per l'uomo con la carta.

L'uomo coi soldi era arrivato dall'ovest venticinque anni prima: all'ovest stavano i soldi e venticinque anni prima era l'anno in cui i muri cadevano. E ancor più che le persone erano stati i soldi stessi a scavalcarne le macerie.
Sono certo che sarete in grado di ricostruire da soli questa parte della storia, senza che io vi annoi con pipe di tabacco, speculazioni e nuovi latifondi.

Anche l'uomo con la carta veniva dall'ovest, ma venticinque anni prima era solo un ragazzino. Non era ricco, ma aveva girato, visto un po' di mondo e lavorato in tanti posti. Ora viveva in una fattoria non lontana dal paese dell'altro uomo: una casa, qualche stalla e rimesse agricole, campi tutt'intorno. E un rettangolo vuoto proprio al centro: mezzo ettaro di cemento con parcheggiati furgoncini, vecchi trattori, rimorchi, cassoni, pneumatici, pezzi di legna, tubi, aste di metallo, mucchi di mattoni interi e rotti e macchinari arrugginiti e scoloriti dal sole e dalle piogge.
Quel mezzo ettaro era il cuore squallido, ma pulsante della fattoria. Ed era di proprietà dell'altro uomo.

L'altro uomo era anziano. Non aveva bisogno di niente, perché già si era comprato quasi tutto. Terre e terre e chissà quanti ettari di cemento. Eppure aveva deciso che quel mezzo ettaro gli serviva. Ci aveva fatto dei progetti sopra.

L'uomo con la carta non era il padrone della fattoria, ci viveva con la sua compagna e una bimba di quattro anni. La casa, le rimesse e le stalle era riuscite a comprarle anni prima un amico più anziano con una moglie e una figlia. Anche lui viveva nella casa e faceva il contadino e allevava pecore e maiali. E un tempo era convinto, e forse lo era ancora, che Mao fosse il grande poeta della rivoluzione.
L'uomo con la carta e la sua compagna coltivavano qualche ettaro di terra e ogni settimana portavano decine di casse di verdura in città. Non a un negozio, ma direttamente alle persone.
Anche per questo su quel rettangolo di cemento volevano costruire una casa e avere spazio per ospitare tutte le persone che mangiavano la loro verdura e che dalla città venivano a lavorare insieme a loro. E pure quelle che in futuro avrebbero voluto fermarsi e viverci, nella fattoria.
Insomma l'uomo con la carta e la sua compagna ci avevano fatto dei progetti sopra, pure loro, su quel mezzo ettaro di cemento.

L'altro uomo aveva ricevuto tre lettere dell'uomo con la carta, con offerte assai generose per l'acquisto di quel cemento. Ma aveva spiegato, manifestando anche un certo fastidio per l'insistenza dell'uomo, che quel pezzo di terra non poteva venderlo. Voleva usarlo per sé: gli era necessario per metterci del letame. Sapeva bene che data la vicinanza delle case ne poteva mettere solo una piccola quantità, giusto un angolino in mezzo a tutto quel cemento. Però l'altro uomo diceva che il cemento era suo e pertanto ci poteva fare quello che voleva. Anche metterci solo un mucchietto di letame.

L'uomo con la carta aveva valutato l'ipotesi di aspettare l'arrivo di quel letame, caricarlo su un trattore e scaricarlo nell'elegante sala da pranzo dell'altro uomo.
Aveva scelto invece di tornare, di sedersi a quel tavolo e di sentirsi a disagio di fronte a un uomo fermamente intenzionato a scaricare della merda di vacca sul mondo che lui, la sua compagna e tutte le persone della città stavano faticosamente costruendo.
Aveva quindi appoggiato sul tavolo l'ennesima lettera con l'ennesima offerta per il terreno. Poi aveva tirato fuori la matta dal suo portafoglio e l'aveva messa di fianco alla busta...


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